Tracce d'assenza
Domenica 07.10.2018
– Domenica 21.10.2018
Sala comunale d'arte
– Domenica 21.10.2018
Sala comunale d'arte
Reading poetico al finissage della mostra Tracce d’assenza del pittore Vanni Cantà.
Sabato 20 ottobre alle ore 18, in Piazza dell’Unità d’Italia 4, presso la sala comunale d’arte, nel contesto della mostra Tracce d’assenza di Vanni Cantà si svolgerà un incontro di poesia, musica e arte. I poeti Loredana Bogliun, Mirko Cremasco, Marko Kravos, Gabriella Musetti, Giovanni Verona, Rodolfo Zucco leggeranno alcuni loro versi. La serata sarà presentata da Enza del Tedesco, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Trieste e sarà completata da alcuni liberi interventi musicali di Gastone Guerra.
L’incontro tra sei poeti che operano sul territorio giuliano, sloveno, istriano e veneto, con idiomi e stili diversi, nasce dalla coscienza la poesia contribuisce a forgiare e temprare i valori della vita comunitaria. Sarà soprattutto una festa della poesia e dell’arte, costruita sul filo rosso del tema dell’assenza: assenza come nostalgia, ricordo, sfida, silenzio o riscrittura, come segno di una presenza paradossale, insistita nel senso della traccia, del limite, del vuoto o della ricerca di un pieno che mai può essere colmo.
S’inaugura sabato 6 ottobre 2018 alle ore 18 alla Sala Comunale d’Arte di Trieste, piazza dell'Unità d'Italia 4, la mostra personale: "Tracce d’assenza di Vanni Cantà", artista che si muove nel territorio veneto, giuliano e nazionale fin dal 1980. La mostra è curata da Massimo De Grassi, Professore di storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Trieste. All’apertura della mostra sarà presente Marco Munaro, poeta e fondatore del “Ponte del sale – Associazione per la poesia”. Munaro leggerà alcuni suoi versi poetici legati alla produzione di una sequenza di tele intitolata “Sette passi”.
In mostra Vanni Cantà espone oltre una ventina delle sue opere recenti, su tela e su carta, tutte con soggetti astratti in cui è prevalente l’utilizzo di pastelli a cera su fondo acrilico.
Con segno sofferto, cancellato e riproposto quasi a voler cercare un’immagine che, anche quando si accenna, subito si cela allo sguardo, Cantà utilizza supporti materici tradizionali e carica le opere di evocazioni e sintesi pittoriche novecentesche. Ne rimane l’idea di una fragilità diffusa cui fa da contraltare una totalità che si impone come luogo dell’enigma e della bellezza.
Scrive Massimo De Grassi: “Per Vanni Cantà il fare pittorico non è una scrittura del tutto automatica, si può meglio definirla come una vera e propria epifania del segno, che assume di volta in volta una valenza e una modalità diversa. La ricerca dell'artista si è così da tempo diretta verso una scarnificazione della struttura visiva: persa la velleità mimetica e 'riconoscibile' degli esordi e ossificati nella loro essenzialità, i suoi grafemi appaiono oggi vivificati anche dal loro percorso sempre più insistito e 'graffiante'. Il percorso del pittore sembra così essersi indirizzato su di un orizzonte più intimistico e meditato, dove l'evocazione lirica del paesaggio ha lasciato il posto a un'analisi più circostanziata e meditata dei dati sensoriali: la geografia di questi sfuggenti “paesaggi dell'anima”,e i Sette passi dedicati all'omonima poesia di Marco Munaro qui esposti ne sono una prova quanto mai eloquente, ha preso progressivamente il posto dei segni riconoscibili dei luoghi che caratterizzavano le opere degli anni Novanta.
Quei segni marcatamente scuri sono diventati nel tempo una cifra estremamente personale e riconoscibile, un elemento di poetica irrinunciabile, mitigato nella sua essenzialità dall'uso parco e misurato del colore. Il risultato è il segnale, personalissimo e irrinunciabile, di una riflessione sempre più circospetta (e quanto mai opportuna) sull'universo, non solo pittorico, che ci circonda.
Il suggestivo accostamento alle Periferie di Mario Sironi, a suo tempo prospettato da Sileno Salvagnini, può sul piano stilistico essere allargato anche ai lavori postbellici dell'artista milanese, quella sorta di tavole sinottiche che in qualche modo rimettevano 'in ordine', decantandole dal loro peso ideologico, le esperienze dei vent'anni precedenti. Ma oltre a ricordi dell'universo segnico di espressionisti astratti come Marc Tobey o Franz Kline, sono le ineffabili Amalasunte e le atmosfere sospese di Osvaldo Licini a diventare ospiti latenti dei quadri di Cantà, tanto da strutturarne gli assi portanti. Una pittura così concepita sembra essere un'autentica finestra sul mondo, cui delegare la propria ansia di verità trovando la compiuta interazione fra spazio e tempo nell'unico luogo possibile: quello del segno, graffiante, tormentato e sempre più spesso eloquente.
Un segno dei tempi che è prova di quelle Tracce d'assenza che danno il titolo a questa esposizione.
La mostra resterà aperta fino al 21 ottobre con i seguenti orari:
giorni feriali e festivi: 10-13 / 17-20.
In mostra Vanni Cantà espone oltre una ventina delle sue opere recenti, su tela e su carta, tutte con soggetti astratti in cui è prevalente l’utilizzo di pastelli a cera su fondo acrilico.
Con segno sofferto, cancellato e riproposto quasi a voler cercare un’immagine che, anche quando si accenna, subito si cela allo sguardo, Cantà utilizza supporti materici tradizionali e carica le opere di evocazioni e sintesi pittoriche novecentesche. Ne rimane l’idea di una fragilità diffusa cui fa da contraltare una totalità che si impone come luogo dell’enigma e della bellezza.
Scrive Massimo De Grassi: “Per Vanni Cantà il fare pittorico non è una scrittura del tutto automatica, si può meglio definirla come una vera e propria epifania del segno, che assume di volta in volta una valenza e una modalità diversa. La ricerca dell'artista si è così da tempo diretta verso una scarnificazione della struttura visiva: persa la velleità mimetica e 'riconoscibile' degli esordi e ossificati nella loro essenzialità, i suoi grafemi appaiono oggi vivificati anche dal loro percorso sempre più insistito e 'graffiante'. Il percorso del pittore sembra così essersi indirizzato su di un orizzonte più intimistico e meditato, dove l'evocazione lirica del paesaggio ha lasciato il posto a un'analisi più circostanziata e meditata dei dati sensoriali: la geografia di questi sfuggenti “paesaggi dell'anima”,e i Sette passi dedicati all'omonima poesia di Marco Munaro qui esposti ne sono una prova quanto mai eloquente, ha preso progressivamente il posto dei segni riconoscibili dei luoghi che caratterizzavano le opere degli anni Novanta.
Quei segni marcatamente scuri sono diventati nel tempo una cifra estremamente personale e riconoscibile, un elemento di poetica irrinunciabile, mitigato nella sua essenzialità dall'uso parco e misurato del colore. Il risultato è il segnale, personalissimo e irrinunciabile, di una riflessione sempre più circospetta (e quanto mai opportuna) sull'universo, non solo pittorico, che ci circonda.
Il suggestivo accostamento alle Periferie di Mario Sironi, a suo tempo prospettato da Sileno Salvagnini, può sul piano stilistico essere allargato anche ai lavori postbellici dell'artista milanese, quella sorta di tavole sinottiche che in qualche modo rimettevano 'in ordine', decantandole dal loro peso ideologico, le esperienze dei vent'anni precedenti. Ma oltre a ricordi dell'universo segnico di espressionisti astratti come Marc Tobey o Franz Kline, sono le ineffabili Amalasunte e le atmosfere sospese di Osvaldo Licini a diventare ospiti latenti dei quadri di Cantà, tanto da strutturarne gli assi portanti. Una pittura così concepita sembra essere un'autentica finestra sul mondo, cui delegare la propria ansia di verità trovando la compiuta interazione fra spazio e tempo nell'unico luogo possibile: quello del segno, graffiante, tormentato e sempre più spesso eloquente.
Un segno dei tempi che è prova di quelle Tracce d'assenza che danno il titolo a questa esposizione.
La mostra resterà aperta fino al 21 ottobre con i seguenti orari:
giorni feriali e festivi: 10-13 / 17-20.
Sala Comunale d’Arte
Piazza Unità d’Italia, 4
34100 Trieste
Piazza Unità d’Italia, 4
34100 Trieste