Ecloga XI
Martedì 01.11.2022
– Mercoledì 02.11.2022
Politeama Rossetti
– Mercoledì 02.11.2022
Politeama Rossetti
Ritorna sul palcoscenico del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia l’affascinante e contaminato linguaggio del gruppo Anagoor che l’1 e il 2 novembre presentano alla Sala Bartoli “ECLOGA XI” su testi di Andrea Zanzotto, interpretato da Leda Kreider e Marco Menegoni e per la regia, scene e luci di Simone Derai.
Il gruppo Anagoor fin dalla fondazione ha a cuore la relazione che intercorre tra politica, lingua, ambiente naturale e paesaggio. La studia attraverso linguaggi diversi, una babele delle arti (da quelle visive alla poesia) nello sforzo dire il reale e le sue fratture. Anagoor, pur non citandolo mai esplicitamente, ha da tempo fatto propria la lezione di Andrea Zanzotto.
Al poeta di Pieve di Soligo, la compagnia - affermata in Italia e all’estero - è affine per la scelta radicale di osservare la storia dalla periferia (ma senza atteggiamenti di chiusura e arroccamento), per il rapporto con la tradizione, per la sofferenza per la devastazione, per la tenacia nel rinnovare la fiamma di arti solo apparentemente inascoltate.
Il titolo di questo lavoro allude alla raccolta di versi “IX Ecloghe” che Andrea Zanzotto pubblicò nel 1962. Il poeta vi sceglieva per modestia di stare un passo indietro a Virgilio e alle dieci ecloghe delle Bucoliche.
Oggi, tuttavia - scrivono gli artisti di Anagoor - noi possiamo scorgere nell’intera opera di Zanzotto la realizzazione di una catena poetica che da Virgilio (a Dante, a Petrarca, a Hölderlin, a Leopardi, a Pasolini, a Celan… transitando e rilanciando ponti di poeta in poeta) porta la fiamma oltre. Non una gara tra poeti, ma una corsa a staffetta: così la tradizione è sottoposta ad oltranza per mettere a rischio se stessi più dei propri padri, per stare in precario equilibrio tra l’aura del passato e il disincanto cui la poesia va incontro in questa società post capitalistica.
Zanzotto sembra raccogliere tutti i testimoni, tutti i segnali di luce provenienti dal passato e, scorgendo in avanti i segni indecifrabili della luce futura, solleva e agita la lanterna nella notte del presente facendosi Virgilio per tutti noi.
Ultra moderno e antichissimo a un tempo, Zanzotto sa bene che la letteratura è come un coro di voci di morti. L’ultra modernità da antichissimo che connota Zanzotto non è tuttavia un dato puramente letterario, e la sovrimpressione delle bucoliche al proprio paesaggio, al proprio linguaggio, non è mai piana memoria letteraria, bensì percezione di una irrimediabile frattura tra chi è ormai “versato nel duemila” e quel mondo perduto. Questa consapevolezza coincide e si estende in coscienza della faglia su cui si cammina che è una visione paleontologica più che storico-culturale: non si può più parlare di tradizione in modo neutro, dimenticando che i secoli intercorsi tra Omero e noi sono nulla rispetto alla vertigine del tempo biologico, geologico e ancor più astrologico.
Zanzotto capta e illumina l’inferno dentro il quale siamo calati eppure ostinatamente regge il fuoco di una speranza bambina.
Nonostante potesse sembrare via congeniale per ribadire la denuncia ecologica di Zanzotto, in “Ecloga XI” Anagoor rinuncia completamente all’utilizzo delle immagini video con le quali ha intessuto più volte i propri lavori aprendo squarci sulla devastazione della terra e sulla violenza perpetrata sulle altre specie.
Il sipario si apre invece ancora una volta – come una nota ostinata - sulla Tempesta di Giorgione a cui Anagoor ha dedicato in passato altri lavori. Una grande riproduzione della tela del pittore di Castelfranco, primo e fulminante “paesaggio” della storia dell’arte, campeggia priva delle tre figure umane: senza l’uomo con l’asta e senza la donna nuda con il bambino, resta unicamente l’orizzonte della città turrita e deserta immersa e sovrastata dalla natura. Puro paesaggio, eppure non pura natura. L’orizzonte e la visione della natura sono irrimediabilmente mediati, filtrati, contagiati, corrotti dalla cultura. Galateo e bosco. Antinomia per eccellenza: il divario e le derive generate da questa tensione hanno implicazioni psichiche, etiche, politiche. E quando il terremoto apre la faglia, la psiche frana e la lingua si spacca. Alcuni poeti come sismografi sanno farsi antenna.
Lo spettacolo va in scena alla Sala Bartoli alle ore 19.30 martedì 1 novembre, replica solo mercoledì 2 alle ore 21. Per biglietti e prenotazioni e per acquistare nuovi abbonamenti si suggerisce di rivolgersi alla Biglietteria del Politeama Rossetti agli altri consueti punti vendita, o via internet sul sito www.ilrossetti.it. Informazioni anche al numero del Teatro 040.3593511.
Il gruppo Anagoor fin dalla fondazione ha a cuore la relazione che intercorre tra politica, lingua, ambiente naturale e paesaggio. La studia attraverso linguaggi diversi, una babele delle arti (da quelle visive alla poesia) nello sforzo dire il reale e le sue fratture. Anagoor, pur non citandolo mai esplicitamente, ha da tempo fatto propria la lezione di Andrea Zanzotto.
Al poeta di Pieve di Soligo, la compagnia - affermata in Italia e all’estero - è affine per la scelta radicale di osservare la storia dalla periferia (ma senza atteggiamenti di chiusura e arroccamento), per il rapporto con la tradizione, per la sofferenza per la devastazione, per la tenacia nel rinnovare la fiamma di arti solo apparentemente inascoltate.
Il titolo di questo lavoro allude alla raccolta di versi “IX Ecloghe” che Andrea Zanzotto pubblicò nel 1962. Il poeta vi sceglieva per modestia di stare un passo indietro a Virgilio e alle dieci ecloghe delle Bucoliche.
Oggi, tuttavia - scrivono gli artisti di Anagoor - noi possiamo scorgere nell’intera opera di Zanzotto la realizzazione di una catena poetica che da Virgilio (a Dante, a Petrarca, a Hölderlin, a Leopardi, a Pasolini, a Celan… transitando e rilanciando ponti di poeta in poeta) porta la fiamma oltre. Non una gara tra poeti, ma una corsa a staffetta: così la tradizione è sottoposta ad oltranza per mettere a rischio se stessi più dei propri padri, per stare in precario equilibrio tra l’aura del passato e il disincanto cui la poesia va incontro in questa società post capitalistica.
Zanzotto sembra raccogliere tutti i testimoni, tutti i segnali di luce provenienti dal passato e, scorgendo in avanti i segni indecifrabili della luce futura, solleva e agita la lanterna nella notte del presente facendosi Virgilio per tutti noi.
Ultra moderno e antichissimo a un tempo, Zanzotto sa bene che la letteratura è come un coro di voci di morti. L’ultra modernità da antichissimo che connota Zanzotto non è tuttavia un dato puramente letterario, e la sovrimpressione delle bucoliche al proprio paesaggio, al proprio linguaggio, non è mai piana memoria letteraria, bensì percezione di una irrimediabile frattura tra chi è ormai “versato nel duemila” e quel mondo perduto. Questa consapevolezza coincide e si estende in coscienza della faglia su cui si cammina che è una visione paleontologica più che storico-culturale: non si può più parlare di tradizione in modo neutro, dimenticando che i secoli intercorsi tra Omero e noi sono nulla rispetto alla vertigine del tempo biologico, geologico e ancor più astrologico.
Zanzotto capta e illumina l’inferno dentro il quale siamo calati eppure ostinatamente regge il fuoco di una speranza bambina.
Nonostante potesse sembrare via congeniale per ribadire la denuncia ecologica di Zanzotto, in “Ecloga XI” Anagoor rinuncia completamente all’utilizzo delle immagini video con le quali ha intessuto più volte i propri lavori aprendo squarci sulla devastazione della terra e sulla violenza perpetrata sulle altre specie.
Il sipario si apre invece ancora una volta – come una nota ostinata - sulla Tempesta di Giorgione a cui Anagoor ha dedicato in passato altri lavori. Una grande riproduzione della tela del pittore di Castelfranco, primo e fulminante “paesaggio” della storia dell’arte, campeggia priva delle tre figure umane: senza l’uomo con l’asta e senza la donna nuda con il bambino, resta unicamente l’orizzonte della città turrita e deserta immersa e sovrastata dalla natura. Puro paesaggio, eppure non pura natura. L’orizzonte e la visione della natura sono irrimediabilmente mediati, filtrati, contagiati, corrotti dalla cultura. Galateo e bosco. Antinomia per eccellenza: il divario e le derive generate da questa tensione hanno implicazioni psichiche, etiche, politiche. E quando il terremoto apre la faglia, la psiche frana e la lingua si spacca. Alcuni poeti come sismografi sanno farsi antenna.
Lo spettacolo va in scena alla Sala Bartoli alle ore 19.30 martedì 1 novembre, replica solo mercoledì 2 alle ore 21. Per biglietti e prenotazioni e per acquistare nuovi abbonamenti si suggerisce di rivolgersi alla Biglietteria del Politeama Rossetti agli altri consueti punti vendita, o via internet sul sito www.ilrossetti.it. Informazioni anche al numero del Teatro 040.3593511.